Il 2 settembre 2023, in occasione della terza edizione del Festival dell'Ecologia Integrale e dell'Astronomia, abbiamo inaugurato il Giardino di San Francesco presso il Convento della Santissima Annunziata di Amelia.
Il giardino è ispirato dall’amore che San Francesco aveva non solo per il Signore e per i suoi fratelli, ma anche per tutte le creature. E’ un luogo dove sperimentare la bellezza e il rigoglio della natura, ma anche dove è possibile intraprendere un cammino di formazione e di conversione all’ecologia integrale. Il giardino è il punto di contatto tra la natura e la cultura, luogo dove imparare a mettersi in ascolto non solo del nostro cuore, ma anche di chi e di cosa ci circonda.
Vi sono ospitate diverse piante espressione della flora autoctona, che accompagnano il visitatore in un cammino di contemplazione e di crescente consapevolezza dell’interconnessione di tutte le cose, alla scoperta della dimensione spirituale che rimanda al nostro Creatore.
Otto pannelli esplicativi all'interno del giardino guidano poi alla scoperta del Cantico di frate Sole, la bellissima preghiera composta da San Francesco nel 1225, attualizzato con le le parole delle encicliche Laudato sì e Fratelli tutti di Papa Francesco. Ogni pannello è uno strumento educativo, capace di emozionare attraverso l'arte e e provocare con la tecnologia: accanto alle rappresentazioni del Cantico, sono infatti presenti due qr code che, utilizzando i dispositivi personali dei visitatori, rimandano rispettivamente a dei testi di approfondimento e a un breve video di spiegazione e condivisione.
Nel giardino è anche possibile riposarsi e vivere una dimensione fraterna di dialogo e di incontro sulle panche, dove si può imparare a sostare da soli o in compagnia e risintonizzarsi con i ritmi delle stagioni e della natura della quale facciamo parte.
Leggi, approfondisci e guarda i video.
San Francesco apre il Cantico delle Creature lodando il “bon Signore”, così degno di lode, di gloria e di onore che nessun uomo è degno di nominarlo. Tra tutte le creature, la prima nominata è il Sole, al punto che questa preghiera è nota anche come “Cantico di frate Sole”. La caratteristica più importante del sole è essere giorno, cioè luce e quindi vita, in opposizione alle tenebre e alla morte: per questo il sole ci aiuta a trovare il senso più alto della nostra vita, ovvero la nostra prima vocazione, che è amare e imparare a prendersi cura del prossimo e del creato. Frate sole ci aiuta dunque a fare luce sui nostri comportamenti e a domandarci se nel nostro quotidiano aderiamo a una cultura della cura e della custodia oppure a una mentalità dell’usa e getta e dello scarto. Francesco nomina la bellezza e lo splendore come le principali caratteristiche del sole, per questo il sole porta significazione del Signore, che continua a sostenere la Creazione con la Sua Provvidenza.
LS 67. «Custodire» vuol dire proteggere, curare, preservare, conservare, vigilare. Ciò implica una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura. Ogni comunità può prendere dalla bontà della terra ciò di cui ha bisogno per la propria sopravvivenza, ma ha anche il dovere di tutelarla e garantire la continuità della sua fertilità per le generazioni future.
LS 217. Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana.
LS 236. L’Eucaristia è anche fonte di luce e di motivazione per le nostre preoccupazioni per l’ambiente, e ci orienta ad essere custodi di tutto il creato.
La luna e le stelle sono per San Francesco “chiare, preziose e belle”, come delle nobildonne. Sembra quasi descriverne il carattere e la loro utilità nella nostra vita: essere punti di riferimento nella notte e fonti di ispirazione per tanti poeti e musicisti nei secoli. Il cielo ci ricorda dunque l’importanza di vivere lo stupore e la dimensione contemplativa davanti alla sublimità del creato. Ogni volta che rivolgiamo verso l’alto il nostro sguardo, smettiamo di guardarci l’ombelico e ingaggiamo una lotta contro il nostro egoismo autoreferenziale. Il cielo stellato ci educa quindi a un linguaggio simbolico e contemplativo, pieno di gratitudine e di stupore per la bellezza nella quale siamo immersi.
LS 11. Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea. La povertà e l’austerità di san Francesco non erano un ascetismo solamente esteriore, ma qualcosa di più radicale: una rinuncia a fare della realtà un mero oggetto di uso e di dominio.
LS 97. Il Signore poteva invitare gli altri ad essere attenti alla bellezza che c’è nel mondo, perché Egli stesso era in contatto continuo con la natura e le prestava un’attenzione piena di affetto e di stupore. Quando percorreva ogni angolo della sua terra, si fermava a contemplare la bellezza seminata dal Padre suo, e invitava i discepoli a cogliere nelle cose un messaggio divino.
LS 225. La pace è molto più dell’assenza di guerra. La pace interiore delle persone è molto legata alla cura dell’ecologia e al bene comune, perché, autenticamente vissuta, si riflette in uno stile di vita equilibrato unito a una capacità di stupore che conduce alla profondità della vita.
Per San Francesco il vento è un fratello discreto e silenzioso, una brezza leggera che fa muovere gli aquiloni dei bambini, senza saperne di dove viene e dove va. È un amico che porta la vita perché, nel cuore di Francesco, il vento è il ricordo del respiro e dello Spirito che sostiene il nostro corpo e la nostra anima (“per lo quale a le tue creature dai sostentamento”): senza aria ogni vivente può resistere solo pochi secondi. Eppure Francesco è consapevole che fratello vento porta anche “nubilo et sereno et omne tempo”, cioè che il vento è lo strumento attraverso cui Dio creatore ha previsto l’alternanza delle stagioni e del clima: un movimento vitale, dunque, il cui equilibrio naturale non va però alterato mediante il nostro modo invasivo e rapace di trattare la natura.
LS 23. Il clima è un bene comune, di tutti e per tutti. Esso, a livello globale, è un sistema complesso in relazione con molte condizioni essenziali per la vita umana. Esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico. [..] L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono o lo accentuano.
LS 25. I cambiamenti climatici sono un problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità. Gli impatti più pesanti probabilmente ricadranno nei prossimi decenni sui Paesi in via di sviluppo. Molti poveri vivono in luoghi particolarmente colpiti da fenomeni connessi al riscaldamento, e i loro mezzi di sostentamento dipendono fortemente dalle riserve naturali e dai cosiddetti servizi dell’ecosistema, come l’agricoltura, la pesca e le risorse forestali. Non hanno altre disponibilità economiche e altre risorse che permettano loro di adattarsi agli impatti climatici o di far fronte a situazioni catastrofiche, e hanno poco accesso a servizi sociali e di tutela. Per esempio, i cambiamenti climatici danno origine a migrazioni di animali e vegetali che non sempre possono adattarsi, e questo a sua volta intacca le risorse produttive dei più poveri, i quali pure si vedono obbligati a migrare con grande incertezza sul futuro della loro vita e dei loro figli.
LS 181. È indispensabile la continuità, giacché non si possono modificare le politiche relative ai cambiamenti climatici e alla protezione dell’ambiente ogni volta che cambia un governo. I risultati richiedono molto tempo e comportano costi immediati con effetti che non potranno essere esibiti nel periodo di vita di un governo. Per questo, senza la pressione della popolazione e delle istituzioni, ci saranno sempre resistenze ad intervenire, ancor più quando ci siano urgenze da risolvere.
LS 164. L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune. Ma lo stesso ingegno utilizzato per un enorme sviluppo tecnologico, non riesce a trovare forme efficaci di gestione internazionale in ordine a risolvere le gravi difficoltà ambientali e sociali. Per affrontare i problemi di fondo, che non possono essere risolti da azioni di singoli Paesi, si rende indispensabile un consenso mondiale che porti, ad esempio, a programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata, a sviluppare forme rinnovabili e poco inquinanti di energia, a incentivare una maggiore efficienza energetica, a promuovere una gestione più adeguata delle risorse forestali e marine, ad assicurare a tutti l’accesso all’acqua potabile.
L’acqua evoca in San Francesco l’immagine di una fanciulla: “umile, preziosa e casta”, cioè portatrice della vita che nasce e si sviluppa nel liquido amniotico. L’acqua è anche fonte delle relazioni: per Francesco è ricordo del Sacramento del Battesimo, dono che ci rende tutti fratelli in Cristo, ed è “utile” fonte economica, commerciale ed energetica. Insomma, l’acqua stessa è relazione e in ogni goccia è presente il ciclo della vita: l’acqua della rugiada come quella del mare, l’acqua dei fiumi come il Nilo e il Gange come la lacrima di un bambino o la goccia di sudore di una mamma.
LS 30. L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani. Questo mondo ha un grave debito sociale verso i poveri che non hanno accesso all’acqua potabile, perché ciò significa negare ad essi il diritto alla vita radicato nella loro inalienabile dignità. Questo debito si salda in parte con maggiori contributi economici per fornire acqua pulita e servizi di depurazione tra le popolazioni più povere. Però si riscontra uno spreco di acqua non solo nei Paesi sviluppati, ma anche in quelli in via di sviluppo che possiedono grandi riserve. Ciò evidenzia che il problema dell’acqua è in parte una questione educativa e culturale, perché non vi è consapevolezza della gravità di tali comportamenti in un contesto di grande inequità.
LS 70. Tutto è in relazione, e che la cura autentica della nostra stessa vita e delle nostre relazioni con la natura è inseparabile dalla fraternità, dalla giustizia e dalla fedeltà nei confronti degli altri.
LS 92. Tutto è in relazione, e tutti noi esseri umani siamo uniti come fratelli e sorelle in un meraviglioso pellegrinaggio, legati dall’amore che Dio ha per ciascuna delle sue creature e che ci unisce anche tra noi, con tenero affetto, al fratello sole, alla sorella luna, al fratello fiume e alla madre terra.
LS 155. Esiste una «ecologia dell’uomo» perché «anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere». In questa linea, bisogna riconoscere che il nostro corpo ci pone in una relazione diretta con l’ambiente e con gli altri esseri viventi. L’accettazione del proprio corpo come dono di Dio è necessaria per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e casa comune; invece una logica di dominio sul proprio corpo si trasforma in una logica a volte sottile di dominio sul creato. Imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana. Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. In tal modo è possibile accettare con gioia il dono specifico dell’altro o dell’altra, opera di Dio creatore, e arricchirsi reciprocamente.
LS 159. Quando pensiamo alla situazione in cui si lascia il pianeta alle future generazioni, entriamo in un’altra logica, quella del dono gratuito che riceviamo e comunichiamo. Se la terra ci è donata, non possiamo più pensare soltanto a partire da un criterio utilitarista di efficienza e produttività per il profitto individuale. Non stiamo parlando di un atteggiamento opzionale, bensì di una questione essenziale di giustizia, dal momento che la terra che abbiamo ricevuto appartiene anche a coloro che verranno.
LS 240. La persona umana tanto più cresce, matura e si santifica quanto più entra in relazione, quando esce da sé stessa per vivere in comunione con Dio, con gli altri e con tutte le creature.
FT 87. Un essere umano è fatto in modo tale che non si realizza, non si sviluppa e non può trovare la propria pienezza «se non attraverso un dono sincero di sé». E ugualmente non giunge a riconoscere a fondo la propria verità se non nell’incontro con gli altri: «Non comunico effettivamente con me stesso se non nella misura in cui comunico con l’altro». Questo spiega perché nessuno può sperimentare il valore della vita senza volti concreti da amare. Qui sta un segreto dell’autentica esistenza umana, perché «la vita sussiste dove c’è legame, comunione, fratellanza; ed è una vita più forte della morte quando è costruita su relazioni vere e legami di fedeltà. Al contrario, non c’è vita dove si ha la pretesa di appartenere solo a sé stessi e di vivere come isole: in questi atteggiamenti prevale la morte».
FT 117. Quando parliamo di avere cura della casa comune che è il pianeta, ci appelliamo a quel minimo di coscienza universale e di preoccupazione per la cura reciproca che ancora può rimanere nelle persone. Infatti, se qualcuno possiede acqua in avanzo, e tuttavia la conserva pensando all’umanità, è perché ha raggiunto un livello morale che gli permette di andare oltre sé stesso e il proprio gruppo di appartenenza. Ciò è meravigliosamente umano! Questo stesso atteggiamento è quello che si richiede per riconoscere i diritti di ogni essere umano, benché sia nato al di là delle proprie frontiere.
FT 181. «L’amore, pieno di piccoli gesti di cura reciproca, è anche civile e politico, e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore». Per questa ragione, l’amore si esprime non solo in relazioni intime e vicine, ma anche nelle «macro-relazioni: rapporti sociali, economici, politici».
Il fuoco è l’elemento che più di tutti mette in dialogo il microcosmo e il macrocosmo, il locale e l’universale. È dinamico, tende verso l’alto e illumina le tenebre. Per questo San Francesco lo paragona a un giovane bello, gioioso, robusto e forte; un uomo pieno di valori, che ha l’ardente e dolce forza di battersi per i valori in cui crede. Spesso siamo portati a pensare al fuoco come un elemento distruttivo e violento, mentre l’immagine che Francesco contempla nel fuoco è quella di un falò, di serate piacevoli in cui una famiglia si riunisce intorno a un camino caldo, anche per confrontarsi e decidere insieme, cioè occuparsi della polis. Per questo il fuoco ha molte cose in comune con la politica e l’economia e la loro vocazione a restituire calore e benessere a tutti gli abitanti della casa comune che è la Terra.
LS 139. Le ragioni per le quali un luogo viene inquinato richiedono un’analisi del funzionamento della società, della sua economia, del suo comportamento, dei suoi modi di comprendere la realtà. Data l’ampiezza dei cambiamenti, non è più possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte del problema. È fondamentale cercare soluzioni integrali, che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura.
LS 180. L’azione politica locale può orientarsi alla modifica dei consumi, allo sviluppo di un’economia dei rifiuti e del riciclaggio, alla protezione di determinate specie e alla programmazione di un’agricoltura diversificata con la rotazione delle colture.
LS 189. La politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l’economia, in dialogo, si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita umana.
LS 194. Affinché sorgano nuovi modelli di progresso abbiamo bisogno di «cambiare il modello di sviluppo globale», la qual cosa implica riflettere responsabilmente «sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere le sue disfunzioni e distorsioni». Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente si tratta di ridefinire il progresso. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso
LS 196. Qual è il posto della politica? Ricordiamo il principio di sussidiarietà, che conferisce libertà per lo sviluppo delle capacità presenti a tutti i livelli, ma al tempo stesso esige più responsabilità verso il bene comune da parte di chi detiene più potere. È vero che oggi alcuni settori economici esercitano più potere degli Stati stessi. Ma non si può giustificare un’economia senza politica, che sarebbe incapace di propiziare un’altra logica in grado di governare i vari aspetti della crisi attuale. La logica che non lascia spazio a una sincera preoccupazione per l’ambiente è la stessa in cui non trova spazio la preoccupazione per integrare i più fragili, perché «nel vigente modello “di successo” e “privatistico”, non sembra abbia senso investire affinché quelli che rimangono indietro, i deboli o i meno dotati possano farsi strada nella vita».
LS 197. Abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi. Molte volte la stessa politica è responsabile del proprio discredito, a causa della corruzione e della mancanza di buone politiche pubbliche. Se lo Stato non adempie il proprio ruolo in una regione, alcuni gruppi economici possono apparire come benefattori e detenere il potere reale, sentendosi autorizzati a non osservare certe norme, fino a dar luogo a diverse forme di criminalità organizzata, tratta delle persone, narcotraffico e violenza molto difficili da sradicare. Se la politica non è capace di rompere una logica perversa, e inoltre resta inglobata in discorsi inconsistenti, continueremo a non affrontare i grandi problemi dell’umanità. Una strategia di cambiamento reale esige di ripensare la totalità dei processi, poiché non basta inserire considerazioni ecologiche superficiali mentre non si mette in discussione la logica soggiacente alla cultura attuale. Una politica sana dovrebbe essere capace di assumere questa sfida.
LS 198. La politica e l’economia tendono a incolparsi reciprocamente per quanto riguarda la povertà e il degrado ambientale. Ma quello che ci si attende è che riconoscano i propri errori e trovino forme di interazione orientate al bene comune. Mentre gli uni si affannano solo per l’utile economico e gli altri sono ossessionati solo dal conservare o accrescere il potere, quello che ci resta sono guerre o accordi ambigui dove ciò che meno interessa alle due parti è preservare l’ambiente e avere cura dei più deboli. Anche qui vale il principio che «l’unità è superiore al conflitto».
FT 141. Solo una cultura sociale e politica che comprenda l’accoglienza gratuita potrà avere futuro.
FT 154. Per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale, è necessaria la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune.
FT 168. Sa una parte è indispensabile una politica economica attiva, orientata a «promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale», perché sia possibile aumentare i posti di lavoro invece di ridurli. D’altra parte, «senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare»
FT 177. Mi permetto di ribadire che «la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia». Benché si debba respingere il cattivo uso del potere, la corruzione, la mancanza di rispetto delle leggi e l’inefficienza, «non si può giustificare un’economia senza politica, che sarebbe incapace di propiziare un’altra logica in grado di governare i vari aspetti della crisi attuale». Al contrario, «abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi». Penso a «una sana politica, capace di riformare le istituzioni, coordinarle e dotarle di buone pratiche, che permettano di superare pressioni e inerzie viziose». Non si può chiedere ciò all’economia, né si può accettare che questa assuma il potere reale dello Stato.
Per San Francesco, la terra è l’unico degli elementi naturali che da una parte ci sostenta, fornendoci quanto ci è necessario per vivere, ma dall’altra ci governa dettando i limiti al nostro desiderio illimitato di sviluppo. La terra è come una madre, che nutre con creatività e generosità e che accoglie la vita con tempo e pazienza. Francesco amava sperimentare l’accoglienza della terra, ritirandosi spesso nelle grotte, che per lui rappresentavano una sorta di utero in cui riscoprire il senso della fraternità universale. Sapendosi figlio della terra, che sostenta ma anche governa, riconosceva che tutti gli uomini sono uguali e fratelli e che i beni della terra appartengono a tutti, anche alle generazioni future.
LS 93. Ogni approccio ecologico deve integrare una prospettiva sociale che tenga conto dei diritti fondamentali dei più svantaggiati. Il principio della subordinazione della proprietà privata alla destinazione universale dei beni e, perciò, il diritto universale al loro uso, è una “regola d’oro” del comportamento sociale, e il «primo principio di tutto l’ordinamento etico-sociale». La tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto alla proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata.
LS156. L’ecologia integrale è inseparabile dalla nozione di bene comune, un principio che svolge un ruolo centrale e unificante nell’etica sociale. È «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente».
LS 157. Il bene comune presuppone il rispetto della persona umana in quanto tale, con diritti fondamentali e inalienabili ordinati al suo sviluppo integrale. Esige anche i dispositivi di benessere e sicurezza sociale e lo sviluppo dei diversi gruppi intermedi, applicando il principio di sussidiarietà. Tra questi risalta specialmente la famiglia, come cellula primaria della società. Infine, il bene comune richiede la pace sociale, vale a dire la stabilità e la sicurezza di un determinato ordine, che non si realizza senza un’attenzione particolare alla giustizia distributiva, la cui violazione genera sempre violenza. Tutta la società – e in essa specialmente lo Stato – ha l’obbligo di difendere e promuovere il bene comune.
LS 158. Nelle condizioni attuali della società mondiale, dove si riscontrano tante inequità e sono sempre più numerose le persone che vengono scartate, private dei diritti umani fondamentali, il principio del bene comune si trasforma immediatamente, come logica e ineludibile conseguenza, in un appello alla solidarietà e in una opzione preferenziale per i più poveri. Questa opzione richiede di trarre le conseguenze della destinazione comune dei beni della terra, ma, come ho cercato di mostrare nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, esige di contemplare prima di tutto l’immensa dignità del povero alla luce delle più profonde convinzioni di fede. Basta osservare la realtà per comprendere che oggi questa opzione è un’esigenza etica fondamentale per l’effettiva realizzazione del bene comune.
LS 201. La gravità della crisi ecologica esige da noi tutti di pensare al bene comune e di andare avanti sulla via del dialogo che richiede pazienza, ascesi e generosità, ricordando sempre che «la realtà è superiore all’idea».
LS 231. L’amore per la società e l’impegno per il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le relazioni tra gli individui, ma anche «macro-relazioni, rapporti sociali, economici, politici». Per questo la Chiesa ha proposto al mondo l’ideale di una «civiltà dell’amore». L’amore sociale è la chiave di un autentico sviluppo
FT 120. Il diritto alla proprietà privata si può considerare solo come un diritto naturale secondario e derivato dal principio della destinazione universale dei beni creati, e ciò ha conseguenze molto concrete, che devono riflettersi sul funzionamento della società.
FT 124. La certezza della destinazione comune dei beni della terra richiede oggi che essa sia applicata anche ai Paesi, ai loro territori e alle loro risorse. Se lo guardiamo non solo a partire dalla legittimità della proprietà privata e dei diritti dei cittadini di una determinata nazione, ma anche a partire dal primo principio della destinazione comune dei beni, allora possiamo dire che ogni Paese è anche dello straniero, in quanto i beni di un territorio non devono essere negati a una persona bisognosa che provenga da un altro luogo.
FT 180. Invito a rivalutare la politica, che «è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune»
FT 228. Di fronte a un determinato obiettivo condiviso, si potranno offrire diverse proposte tecniche, varie esperienze, e lavorare per il bene comune. Occorre cercare di identificare bene i problemi che una società attraversa per accettare che esistano diversi modi di guardare le difficoltà e di risolverle.
Alla fine del Cantico delle Creature c’è un riferimento alla beatitudine “quelli che perdonano per lo tuo amore e sostengono infirmitate et tribolazione”. L’amore per l’ambiente fin qui mostrato sembra unirsi all’impegno riguardo ai problemi della società: in questi versi, infatti, San Francesco si riferisce alla grande sofferenza che ha provato a causa delle continue guerre e divisioni del suo tempo. Non è stato facile ascoltare il grido dei lebbrosi di Rivotorto, il bisogno del lupo di Gubbio e i diversi punti di vista dell’autorità civile e religiosa della sua città, ma Francesco è riuscito nella sua vita a diventare un ponte, facendosi mediatore di pace e praticando la via del reciproco perdono come mezzo di risoluzione dei conflitti.
LS 57. È prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni. La guerra causa sempre gravi danni all’ambiente e alla ricchezza culturale dei popoli, e i rischi diventano enormi quando si pensa alle armi nucleari e a quelle biologiche. Infatti «nonostante che accordi internazionali proibiscano la guerra chimica, batteriologica e biologica, sta di fatto che nei laboratori continua la ricerca per lo sviluppo di nuove armi offensive, capaci di alterare gli equilibri naturali». Si richiede dalla politica una maggiore attenzione per prevenire e risolvere le cause che possono dare origine a nuovi conflitti.
LS 91. Non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani. È evidente l’incoerenza di chi lotta contro il traffico di animali a rischio di estinzione, ma rimane del tutto indifferente davanti alla tratta di persone, si disinteressa dei poveri, o è determinato a distruggere un altro essere umano che non gli è gradito. Ciò mette a rischio il senso della lotta per l’ambiente. Non è un caso che, nel cantico in cui loda Dio per le creature, san Francesco aggiunga: «Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore». Tutto è collegato. Per questo si richiede una preoccupazione per l’ambiente unita al sincero amore per gli esseri umani e un costante impegno riguardo ai problemi della società.
FT 26. In ogni guerra ciò che risulta distrutto è «lo stesso progetto di fratellanza, inscritto nella vocazione della famiglia umana».
FT 233. La promozione dell’amicizia sociale implica non solo l’avvicinamento tra gruppi sociali distanti a motivo di qualche periodo storico conflittuale, ma anche la ricerca di un rinnovato incontro con i settori più impoveriti e vulnerabili. La pace «non è solo assenza di guerra, ma l’impegno instancabile – soprattutto di quanti occupiamo un ufficio di maggiore responsabilità – di riconoscere, garantire e ricostruire concretamente la dignità, spesso dimenticata o ignorata, dei nostri fratelli, perché possano sentirsi protagonisti del destino della propria nazione».
FT 235. Quanti pretendono di portare la pace in una società non devono dimenticare che l’inequità e la mancanza di sviluppo umano integrale non permettono che si generi pace. In effetti, «senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione».
FT 241. Perdonare non vuol dire permettere che continuino a calpestare la dignità propria e altrui, o lasciare che un criminale continui a delinquere. Chi patisce ingiustizia deve difendere con forza i diritti suoi e della sua famiglia, proprio perché deve custodire la dignità che gli è stata data, una dignità che Dio ama. Se un delinquente ha fatto del male a me o a uno dei miei cari, nulla mi vieta di esigere giustizia e di adoperarmi affinché quella persona – o qualunque altra – non mi danneggi di nuovo né faccia lo stesso contro altri. Mi spetta farlo, e il perdono non solo non annulla questa necessità bensì la richiede.
FT 250. Il perdono non implica il dimenticare. Diciamo piuttosto che quando c’è qualcosa che in nessun modo può essere negato, relativizzato o dissimulato, tuttavia, possiamo perdonare. Quando c’è qualcosa che mai dev’essere tollerato, giustificato o scusato, tuttavia, possiamo perdonare. Quando c’è qualcosa che per nessuna ragione dobbiamo permetterci di dimenticare, tuttavia, possiamo perdonare. Il perdono libero e sincero è una grandezza che riflette l’immensità del perdono divino. Se il perdono è gratuito, allora si può perdonare anche a chi stenta a pentirsi ed è incapace di chiedere perdono.
FT 257. Poiché si stanno creando nuovamente le condizioni per la proliferazione di guerre, ricordo che «la guerra è la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all’ambiente. Se si vuole un autentico sviluppo umano integrale per tutti, occorre proseguire senza stancarsi nell’impegno di evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli. A tal fine bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l’infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all’arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale».
FT 261. Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male. Non fermiamoci su discussioni teoriche, prendiamo contatto con le ferite, tocchiamo la carne di chi subisce i danni. Rivolgiamo lo sguardo a tanti civili massacrati come “danni collaterali”. Domandiamo alle vittime. Prestiamo attenzione ai profughi, a quanti hanno subito le radiazioni atomiche o gli attacchi chimici, alle donne che hanno perso i figli, ai bambini mutilati o privati della loro infanzia. Consideriamo la verità di queste vittime della violenza, guardiamo la realtà coi loro occhi e ascoltiamo i loro racconti col cuore aperto. Così potremo riconoscere l’abisso del male nel cuore della guerra e non ci turberà il fatto che ci trattino come ingenui perché abbiamo scelto la pace.
“Laudato si, mi Signore, per sora nostra morte corporale” è un verso del Cantico aggiunto nel 1226, negli ultimi mesi della sua vita. In queste poche parole San Francesco mostra un lato molto intimo del suo vissuto: ha preso così confidenza con la sua agonia e con la sua malattia da diventare sempre più consapevole di essere bisognoso, fragile e vulnerabile. Francesco non lotta contro il suo limite, ma lo accetta e lo integra, lasciandosi educare da “sorella morte”, che lo mette davanti alla sua finitudine. Allora anche questa sorella da cui nessuno può scappare diventa un metro di misura dell’intensità della sua vita e un’occasione di lode per il dono della fraternità, perché nella necessità i suoi frati si sono presi cura di lui.
LS 116. Nella modernità si è verificato un notevole eccesso antropocentrico che, sotto altra veste, oggi continua a minare ogni riferimento a qualcosa di comune e ogni tentativo di rafforzare i legami sociali. Per questo è giunto il momento di prestare nuovamente attenzione alla realtà con i limiti che essa impone, i quali a loro volta costituiscono la possibilità di uno sviluppo umano e sociale più sano e fecondo. Una presentazione inadeguata dell’antropologia cristiana ha finito per promuovere una concezione errata della relazione dell’essere umano con il mondo. Molte volte è stato trasmesso un sogno prometeico di dominio sul mondo che ha provocato l’impressione che la cura della natura sia cosa da deboli. Invece l’interpretazione corretta del concetto dell’essere umano come signore dell’universo è quella di intenderlo come amministratore responsabile.
LS 122. Un antropocentrismo deviato dà luogo a uno stile di vita deviato. Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium ho fatto riferimento al relativismo pratico che caratterizza la nostra epoca, e che è «ancora più pericoloso di quello dottrinale». Quando l’essere umano pone sé stesso al centro, finisce per dare priorità assoluta ai suoi interessi contingenti, e tutto il resto diventa relativo. Perciò non dovrebbe meravigliare il fatto che, insieme all’onnipresenza del paradigma tecnocratico e all’adorazione del potere umano senza limiti, si sviluppi nei soggetti questo relativismo, in cui tutto diventa irrilevante se non serve ai propri interessi immediati. Vi è in questo una logica che permette di comprendere come si alimentino a vicenda diversi atteggiamenti che provocano al tempo stesso il degrado ambientale e il degrado sociale.
LS 193. Se in alcuni casi lo sviluppo sostenibile comporterà nuove modalità per crescere, in altri casi, di fronte alla crescita avida e irresponsabile che si è prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche a ritornare indietro prima che sia tardi. Sappiamo che è insostenibile il comportamento di coloro che consumano e distruggono sempre più, mentre altri ancora non riescono a vivere in conformità alla propria dignità umana. Per questo è arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti.
FT 150. Nessun popolo, nessuna cultura o persona può ottenere tutto da sé. Gli altri sono costitutivamente necessari per la costruzione di una vita piena. La consapevolezza del limite o della parzialità, lungi dall’essere una minaccia, diventa la chiave secondo la quale sognare ed elaborare un progetto comune. Perché «l’uomo è l’essere-limite che non ha limite».